NUOVI ORIZZONTI DI INVESTIMENTO – Nell’approccio alla diversificazione degli investimenti azionari su scala mondiale, viene sempre più spesso riservata una quota di asset allocation ai Paesi emergenti e in parte, in via crescente, anche ai Paesi cosiddetti di frontiera, spiega una nota di Consultinvest. A livello aggregato l’indice azionario mondiale tradizionale (Morgan Stanley Capital Index All Country World) è costituito da circa 2.400 aziende quotate in 47 diversi mercati, di cui 23 relativi ai Paesi Sviluppati e 24 ai Paesi Emergenti. L’indice nella sua globalità rappresenta circa l’85% del flottante quotato a livello mondiale. Tra le maggiori piazze a pesare nell’indice più utilizzato al mondo per l’equity, troviamo gli Usa con ben 52,64%, segue il Giappone con 7,73%, UK 5,82%. Quindi è opportuno considerare che la scelta di investire su fondi a benchmark o ETF sull’azionario mondiale, porta inevitabilmente ad avere esposizioni superiori al 50% sull’equity americano.
I NEW FRONTIER MARKET – In questo articolo, tuttavia, andremo un po’ oltre il mondo tradizionale dei mercati cosiddetti sviluppati e degli Emergenti, facendo un focus sui New Frontier Market, i nuovi mercati di frontiera , quei Paesi che sono passati, generalmente, anche da un’economia socialista e comunista ad una tendenzialmente liberale e di mercato e che quindi sono candidati a diventare i Paesi emergenti di domani. Gli investitori istituzionali cominciano a seguirli ormai da tempo e sempre con maggiore attenzione sebbene le proprie economie siano ancora marginali; possiamo dire che si trovano oggi in contesti macroeconomici simili a quelli dei mercati rmergenti di 10 o 15 anni fa. Questo nuovo orizzonte di investimento comprende alcune regioni dell’Africa, il Medio Oriente, l’America Latina e l’area balcanica e baltica. È un universo tipicamente più piccolo e con meno liquidità di quello dei Mercati Emergenti, ma è già sufficientemente ampio avendo generato un interesse significativo da parte degli investitori.
C’è un consenso generale su quali Paesi ne facciano parte, tanto che sono nati dei benchmark specifici utilizzati dall’asset management come parametro di riferimento per questo micro segmento geografico.
Troviamo paesi come Vietnam, Nigeria, Iraq, Qatar, Kenya, Kazakistan e Perù, alcune nazioni europee, come Romania, Estonia, Slovenia, Serbia. In America Latina prevale l’Argentina ed in parte, ma già emergenti tradizionali sono Perù e Bolivia. Il benchmark maggiormente utilizzato per i “Paesi di frontiera” è l’indice MSCI Frontier Market, che registra una performance in valuta locale ad 1 anno pari al +22,2% contro il +12,87% del MSCI AC World (in valuta locale). Importante notare che l’indice e, quindi, anche gli ETF Frontier Markets, sono molto concentrati su poche piazze finanziarie: Filippine 24,45%, Argentina 10,57%, Kuwait 9,89%, Colombia 9,85%, Perù 8,87%, altri per il 36,47%. Il numero di società comprese in tale indice è pari a 159, per una capitalizzazione complessiva di 224,918 (Millions USD) .Inoltre, i nuovi mercati di frontiera tendono a essere più rischiosi dei mercati emergenti in quanto oltre al basso livello di liquidità e ai quadri istituzionali più deboli, chi decide di investire su questi mercati deve essere consapevole che i dati di ricerca sono di gran lunga meno ampi ed affidabili rispetto a quelli dei Paesi sviluppati. Quindi, prima di inserire in portafoglio , anche piccole percentuali su tale universo di investimento è sempre preferibile approfondirne le caratteristiche, la composizione ed il rischio potenziale a cui si è soggetti. Infine, in periodi di maggiore instabilità geo-politica internazionale e nelle fasi di maggiore avversione al rischio da parte degli investitori, queste piazze generalmente sono quelle che subiscono i maggiori draw-down.
Fonte: Bluerating