Crediamo che nei prossimi mesi il dibattito interno assumerà contorni diversi. Come sempre, quando la fase di emergenza è superata e l’Area Euro migliora, emergono le tensioni interne tra il blocco “Tedesco” e gli “Altri”.
Alla Bundesbank e ai Paesi affini le misure monetarie super aggressive (il QE e i tassi negativi) non hanno mai avuto un gran seguito. Ma nelle fasi acute di crisi – quando il disegno politico dell’Euro era a rischio - queste misure garantivano stabilità ed erano ben accette. Oggi, con una speculazione assente e un ciclo economico che migliora, iniziano a stare strette: almeno a qualcuno.
Due i motivi: a) le misure riducono l’incentivo a all’irrobustimento fiscale dei bilanci e all’aumento della produttività a livello nazionale (ad es. deprezzano l’Euro), due temi cari alla Germania; b) durante le fasi di stabilizzazione ciclica le differenze strutturali tra economie nazionali – mai sanate e che vedono il blocco tedesco sempre più sano rispetto agli altri – vengono esaltate rendendo sempre più opportune differenti politiche economiche.
In uno Scenario che oggi la stessa BCE vede migliorare (fine della deflazione e recessione e prospettive più positive), il blocco tedesco chiede quindi di proseguire con la normalizzazione monetaria.
Un primo passo lo ha già ottenuto con la riduzione del QE. Ora spinge per mettere sul tavolo anche l’uscita dal regime di tassi negativi, economicamente ingiustificabili alla luce del mutato Scenario e indigesti all’elettorato tedesco e alle Istituzioni Finanziarie del Centro e del Nord Europa. Draghi, invece, vuole reiterare la loro validità e vuole la BCE ferma sui tassi negativi fino alla fine del QE, consapevole della fragilità politica europea e di quella fiscale della Periferia.
Anche questo dibattito sulla normalizzazione monetaria, che rischia di indebolire la BCE, è un riflesso di quello scontro più politico e più importante che riguarda il futuro dell’Unione e che traspare nell’idea di una UE a più velocità.