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ETF: Mito o realtà ?

Sempre più spesso si sente parlare di ETF (di strumenti di gestione passiva), sia perché le società specializzate continuano a stabilire record di raccolta, sia perché da alcuni osservatori sono additati come potenziale fonte di rischi sistemici.

Sono quindi degli strumenti destinati a rivoluzionare il mercato del risparmio gestito o una possibile causa della prossima  crisi globale ?  Proviamo a fare chiarezza.

Il vantaggio principale risiede nella possibilità di avere sia una esposizione a basso costo ai principali mercati, sia una esposizione ad alcuni mercati di nicchia, in passato riservati solo a un ristretto numero di investitori (come ad es. alcuni mercati emergenti o alcuni segmenti del mercato obbligazionario). Tuttavia non sono adatti a una gestione di portafoglio molto attiva, in quanto il vantaggio sui costi di gestione potrebbe essere compensato dai costi di transazione (intermediazione e denaro/lettera).

Un altro vantaggio è che l’utilizzatore non si assume il rischio gestore, in quanto gli ETF sono progettati per replicare un indice di riferimento, al netto dei costi. Questa tecnica però, non facendo distinzione tra titoli sopra o sotto valutati, costituisce un tipo di investitore insensibile al prezzo, e quindi introduce una ulteriore distorsione sui mercati, in aggiunta ad esempio agli interventi delle banche centrali sui titoli obbligazionari o ai ben noti fenomeni di finanza comportamentale (eccessiva confidenza, rimorso per le perdite ecc.).

L’impatto che hanno avuto sul risparmio gestito è duplice. In primo luogo l’offerta delle società di gestione si sta sempre più polarizzando tra gestioni semi-passive e/o quantitative a basso costo e gestioni attive connotate da processi di investimento originali o da una concentrazione su un numero di titoli ristretto o da molta flessibilità nella esposizione ai rischi di mercato (flessibili). E il comportamento degli investitori procede di pari passo, con una sempre maggiore suddivisione dei portafogli tra una parte “core” di pura esposizione al mercato (a basso costo) e una parte “satellite” in cui si cerca alfa e si è disposti a una maggiore remunerazione del gestore.

In secondo luogo, viste le ormai rilevanti masse in gestione su strumenti passivi, diventa importante analizzare i flussi, in quanto potrebbero  avere un impatto rilevante sui mercati in caso di significativi e repentini afflussi/deflussi. Ad esempio in una fase di forti rimborsi verrebbero venduti tutti i titoli di un indice, indipendentemente da qualunque valutazione, penalizzando quelli più solidi (con maggiori vendite rispetto a una valutazione fondamentale) e beneficiando quelli più cari (con minori vendite). Non bisogna però dimenticare che secondo recenti stime, le attività in gestioni passive, anche se in forte crescita negli ultimi anni, sono circa un quarto di quelle nelle gestioni attive.

E’ quindi vicina la fine della gestione attiva ? In futuro ci saranno solo gestioni passive e robo advisor ? Guardando alla esperienza americana, dove il boom delle gestioni passive è iniziato prima che in Europa, si può credere di no. I gestori passivi sono cresciuti moltissimo, ma i gestori attivi non sono scomparsi e hanno usato questo stimolo competitivo per affinare i processi di investimento e svilupparne di nuovi. Sul mercato infatti oggi sono presenti sia gestori passivi (es. Vanguard), sia gestori attivi (es. Fidelity, Schroders), sia gestori che utilizzano entrambi gli approcci (es. Blackrock, UBS, Amundi).

In questo contesto i gestori di fondi di fondi hanno oggi molte più opportunità che in passato. Riteniamo importante avere quindi un approccio pragmatico, utilizzando gli strumenti passivi per avere esposizioni tattiche al mercato o dove i gestori attivi non riescono a creare valore aggiunto, ma non dimenticando le gestioni attive dove ci siano processi di investimento originali e che hanno dimostrato un vantaggio competitivo in varie condizioni di mercato. Tutto questo senza dimenticare che per i gestori professionali, in alcune situazioni, future o opzioni possono essere una valida alternativa agli ETF.

In conclusione gli ETF (e le gestioni passive) sono un utile strumento che ha portato a un abbassamento dei costi sulle gestioni a tracking error più basso, a una innovazione di processo sulle gestioni attive e a un cambiamento strutturale nell’offerta delle società di gestione. Come qualunque altro strumento o tecnica di gestione finanziaria non possono però costituire l’unica soluzione a qualunque esigenza finanziaria. Risulterà sempre necessario il contributo di un professionista della finanza che comprenda obiettivi di investimento e vincoli del cliente e che costruisca un portafoglio diversificato e lo adegui nel tempo per raggiungerli.

Fonte: Bluerating

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